Golding, Orwell, Adams


Tra la fine del 1943 e l'inizio del '44, George Orwell scrive "Animalfarm", che viene tradotto nel 1947 in Italia con il titolo "La fattoria degli animali".
Per la feroce satira nei confronti del regime sovietico, il libro trova difficile pubblicazione, e viene reso disponibile solo nel '45, a guerra finita.
Il libro si può considerare una satira della rivoluzione sovietica, dal progressivo successo fino al declino: nel libro di Orwell i protagonisti sono gli animali di una fattoria, che si ribellano all'uomo-padrone, che li umilia brutalmente; riuniti in una forte coalizione, dal principio ugualitaria, gli animali riescono a spodestare l'uomo: sembra che, finalmente, scacciato l'usurpatore, tra gli animali possano regnare pace e benessere sociale, ma gradualmente i maiali, guidati dal verro Napoleone, una metafora di Stalin, imponendosi come burocrati, superbi ed arroganti, virano leggi a loro favore, declinati in una serie di privilegi; alla fine, saranno i maiali a prendere la guida della fattoria, instaurando lo stesso regime di sopraffazione che gli animali avevano conosciuto sotto la sferza dell'uomo; al culmine della ferocia sprezzante, i maiali stringeranno una nuova alleanza con l'uomo, tanto da camminare anche loro su due zampe.

Orwell mostra tutto il suo pessimismo sulla natura umana:

come nel "Signore delle Mosche" (1954) di William Golding, il Male non è una forza esterna e indipendente all'uomo, ma fa parte della natura umana: può essere represso, ma è pronto a fuoriuscire da un momento all'altro; (nel caso di Golding, i bambini di un collegio inglese, superstiti in un disastro aereo, atterrati su un'isola deserta, si tramuteranno in piccoli selvaggi, regredendo a uno stato disumano e tribale di "Legge del più Forte").

Il Male può essere rivestito anche sotto le spoglie della legalità o della solidarietà (in Orwell i maiali proclamano "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri") e pensiamo anche al giorno d'oggi, quando vengono virate leggi palesemente anticostituzionali che violano i diritti fondamentali quali la libertà d'espressione, di orientamento sessuale o religioso, o della capacità di disporre della propria persona in questioni legate alla procreazione, o in casi estremi, come malattie o stati degenerativi degradanti (i casi Welby o Eluana Englaro rappresentano alla perfezione tutta l'arretratezza culturale che affossa il nostro Paese, ancora sotto il giogo stagnante delle ingerenze vaticane, che hanno la pretesa di manipolare, a seconda della loro etica, condivisibile o meno, la politica, fregandosene altamente che non viviamo in una Teocrazia, bensì in uno Stato Laico: perché Welby o il papà di Eluana hanno combattuto per un diritto civile che chiama a testimoni tutti noi, nel profondo di noi stessi, qualora fossimo vittime delle stesse sciagure).

Nella "Fattoria degli animali," ciascun personaggio è metafora dell'uomo: il cavallo Gondrano o le pecore belanti rappresentano il popolo, povero, sottomesso e capace di affidarsi con fiducia e fedeltà (fino alla morte, nel caso del cavallo) ad un leader (il maiale Napoleone), credendo ciecamente a tutto, rinunciando, per pigrizia o per ingenuità, al minimo "sforzo culturale" legato al pensiero critico; l'asino Benjamin rappresenta chi non crede più a nulla, né al bene, né al male (si può ipotizzare che Orwell volesse fare un riferimento al Nichilismo, che aveva scosso la Russia nell'800 in una serie di atti terroristici contro la figura dello Zar, e non solo, apportando una grande crisi anche culturale); il corvo Mosè rappresenta il potere religioso e la fede nella vita dopo la morte; la cavallina Mollie, graziosa e frivola, rappresenta chi si inchina ora a un potere, ora all'altro (nel romanzo, accetta di essere schiavizzata nuovamente da una fattoria rivale in cambio di fiocchi e zollette di zucchero).

Così, se all'inizio viene proclamato: "Tutto ciò che cammina su due zampe è nemico. Tutto ciò che cammina su quattro gambe o ha ali è amico. E ricordate pure che nel combattere l'uomo non dobbiamo venirgli ad assomigliare" e "E soprattutto nessun animale divenga tiranno ai suoi simili...tutti gli animali sono uguali",
lungo il racconto i maiali destinano a sé le mele, il latte, perfino i soldi, il letto e la cucina del fattore, segno che hanno tradito gli ideali originari, di fraternità, uguaglianza, libertà, solidarietà, (ideali che stanno sempre alla base di rivolte o di regimi, magari iniziati proprio con un ampio consenso popolare) per assumere, lentamente, le spoglie di colui che agli inizi rappresentava la disuguaglianza, la ferocia, il male, l'uomo (simbolo nel romanzo del Male, più metafisico che non strettamente religioso, e della Sete di Potere che intorbida gli ideali dell'animo umano ).

"Era venuto un tempo in cui nessuno osava esprimere il proprio pensiero, in cui i cani feroci e ringhiosi si aggiravano dappertutto, in cui si doveva assistere al massacro dei propri compagni"

Al di là della critica feroce al totalitarismo, il libro di Orwell espone tutta la sete di Dominio e Potere che è prerogativa dell'animo umano: un libro che permette quindi di riflettere, in modo immediato e sferzante (lo stile di Orwell è diretto e senza fronzoli) sui totalitarismi che hanno infettato il '900, non riferendosi solo a Stalin, ma anche ad eventi più recenti:
la sanguinosa dittatura di Pol Pot che ha condotto sul baratro della miseria e del terrore la Cambogia o alle purtroppo ancora esistenti dittature africane "dimenticate" (ma che si nutrono delle tacite convivenze europee ed americane) come in Sudan o in Gabon, o in Burkina Faso, nello Swaziland, dove in contrasto alle ville faraoniche (e ai pranzi pantagruelici) dei "Capi del Popolo", si stagliano le baracche e le urla degli oppressi.

Un'altra analisi al libro di Golding: il fatto che siano proprio "educati bambini inglesi" dai 5 ai 15 anni circa, a tramutarsi in selvaggi ebbri di sangue degli animali cacciati e arrostiti, danzanti di ferinità allo stato brado, non può che scandalizzare chi vede nei bambini il simbolo dell'innocenza pura.
Bellissimo l'epilogo finale, quando, l'ufficiale inglese, giunto a salvarli, di fronte allo spettacolo crudele di quei "primitivi" sudici (che avevano istituito anche la "caccia al traditore", Ralph, l'unico bambino, nel libro, che ancora conserva un barlume di civiltà) domanda frastornato "Siete tutti inglesi, no?" quasi a volersi sincerare che "quei selvaggi dipinti con simboli tribali di sangue e fango" (cresciuti senza nessuna autorità paterna e/o materna) siano realmente il futuro della Patria, quindi, della Civiltà. (pensiamo anche al dominio coloniale inglese in India e alla "missione civilizzatrice"...)

Interessante ed emblematico è "il Signore delle Mosche", rappresentato dal feticcio di una testa di maiale in decomposizione infilzata su un piolo da Jack (l'altro protagonista, che si impone con violenza formando il suo clan di seguaci).
Il nugolo di mosche che ronza intorno alla testa putrefatta può essere visto come il simbolo del Demonio (Belzebù, appunto, "Signore delle Mosche").
Altro simbolo (questa volta della democrazia e della libertà di pensiero) è la conchiglia, che i bambini si passano di mano in mano (almeno inizialmente, fino a che Jack non istituirà la sua tribù) ogni volta che qualcuno deve parlare, per comunicare con gli altri; i falò che i bambini accendono a turno, nella speranza di essere visti dalla navi di passaggio (gli adulti, ovvero le guide necessarie allo sviluppo del bambino) possono essere interpretati come il simbolo della speranza che non si estingue mai; gli occhiali di Piggy ("lo sfigato" del gruppo, potremmo dire) rappresentano la cultura e l'intelletto: difatti vengono rotti proprio durante una lite; la Bestia che i bambini si immaginano (o no?) di vedere nella giungla può essere metafora dell'angoscia o dell'istinto primordiale che emerge, quando viene a mancare la cultura: difatti Piggy è il meno ascoltato e viene spesso picchiato dai ragazzi più forti (i primi a rinnegare le regole del collegio, quindi della società istituzionalizzata) e poi ucciso; può essere anche metafora della dittatura e delle paure create ad arte dalle forme di totalitarismo per "ottenere voti".
è importante ricordare che Golding (di formazione cristiana) insegnava inglese in una scuola elementare, e che la trama della storia la ebbe un giorno, osservando il comportamento dei suoi alunni "lasciati da soli". (ma chiunque di noi può ricordarsi di come siano feroci "le scuole elementari e medie"...verrebbe anche da citare "Carrie" di King, e il relativo film, per osservare appieno la cattiveria tra le mura scolastiche... un'altro film al riguardo è "L'Innocenza del Diavolo" di Joseph Ruben (1993) con un sulfureo Macaulay Culkin ben lontano dai "Mamma ho perso l'aereo"....)
Per quanto riguarda il libro di Golding, consiglio di cercare l'edizione uscita nel 1997 in allegato a "Famiglia Cristiana" n.51 del 24 dicembre 1997, perché presenta una bella introduzione al romanzo.

Infine, una citazione anche per "La Collina dei Conigli" di Richard Adams, che riprendendo l'idea di Orwell (i personaggi sono tutti animali) analizza temi come la libertà, il viaggio, (soprattutto interiore), la migrazione, la sopraffazione (anche qui, riaffiora il tema della dittatura, questa volta più di stampo fascista-militare, a mio parere) l'utopia di un "Eden" dove regni l'uguaglianza e l'armonia.

Sia dal "Signore delle Mosche" che da "La fattoria degli animali" e "La Collina dei Conigli" sono stati tratti due riduzioni cinematografiche: per il primo caso due film, il primo del 1963 a firma Peter Brook, il secondo nel 1990 diretto da Harry Hook; dagli altri due libri sono stati tratti dei cartoni animati diretti da Joy Batchelor (1954) e Martin Rosen nel 1978.


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George Orwell è il nome che lo scrittore inglese adottò negli anni Trenta per la pubblicazione dei suoi primi volumi. Il suo vero nome era Eric Arthur Blair. Tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944 scrisse "Animal Farm". Per le chiarissime allusioni critiche al regime sovietico e allo stalinismo molti editori non trovarono opportuno accettare il romanzo che venne pubblicato nell'agosto del 1945 a guerra finita.

"La Fattoria degli Animali" è una favola in chiave parodistica della riuscita iniziale, del graduale tradimento e del definitivo fallimento della rivoluzione sovietica. Nella parodia orwelliana, gli animali di una fattoria languono in una miserabile e amara esistenza di sfruttamento, di maltrattamenti e umiliazione sotto la sferza di un padrone brutale e avido.
Finalmente gli animali, esasperati, si ribellano e combattono affinché la fattoria si trasformi in una società giusta, senza sfruttati e sfruttatori. In un'epica lotta, cacciano il padrone e riescono a condurre da sé la fattoria. Ma ben presto, emerge fra loro una nuova classe di burocrati, formata dai maiali, che con astuzia si impongono in modo tirannico sugli altri animali. Gli ideali di uguaglianza e di fraternità, che erano stati proclamati al tempo della rivoluzione, vengono traditi. Sotto la dittatura del nuovo padrone, Napoleone (ovvero Stalin), tutti gli animali conosceranno gli stessi maltrattamenti di prima (ovvero la Russia pre-rivoluzionaria).

Un commento di Orwell: "Questo libro fu pensato per la prima volta [...] nel 1937, ma non fu scritto che intorno alla fine del 1943. Era ovvio, all'epoca in cui finì per essere scritto, che ci sarebbero state grandi difficoltà a farlo pubblicare [...] e infatti venne respinto da quattro editori. Solo uno aveva dei motivi ideologici. Due pubblicavano da anni libri antisovietici e l'altro non aveva nessun particolare colore politico. [...] A dire il vero un editore lo accettò in un primo momento, ma dopo gli accordi preliminari, decise di consultare il Ministero dell'Informazione, che - pare - l'abbia messo in guardia [...] Ecco uno stralcio della sua lettera: "Se la favola si rivolgesse a dittatori e dittature in genere, allora pubblicarla sarebbe un ottima cosa, ma essa - come adesso posso vedere - segue così fedelmente il progresso dei sovietici e dei loro due dittatori, che la si può applicare soltanto alla Russia, escludendo ogni altra dittatura. Un'altra cosa: la favola sarebbe meno offensiva se la casta protagonista non fosse quella dei maiali". 


E ora qualche stralcio!

"Il signor Jones, della Fattoria Padronale, serrò a chiave il pollaio per la notte, ma, ubriaco com'era, scordò di chiudere le finestrelle. Nel cerchio di luce della sua lanterna che danzava da una parte all'altra attraversò barcollando il cortile, diede un calcio alla porta retrostante la casa, da un bariletto nel retrocucina spillò un ultimo bicchiere di birra, poi si avviò su, verso il letto, dove la signora Jones già stava russando. Non appena la luce della stanza da letto si spense, tutta la fattoria fu un brusio, un'agitazione, uno sbatter d'ali."

"Tutti gli animali erano presenti [...] quando vide che tutti si erano bene accomodati e aspettavano attenti, Il Vecchio Maggiore si rischiarò la gola e cominciò: "Compagni, già sapete dello strano sogno che ho fatto la notte scorsa, ma di ciò parlerò più tardi [...] Ora, compagni, di qual natura è la nostra vita? Guardiamola: la nostra vita è misera, faticosa e breve. Si nasce e ci vien dato quel cibo appena sufficiente per tenerci in piedi, e quelli di noi che ne sono capaci sono forzati a lavorare fino all'estremo delle loro forze; e, nello stesso istante in cui ciò che si può trarre da noi ha un termine, siamo scannati con orrenda crudeltà. [...] La vita di un animale è miseria e schiavitù: questa è la cruda verità. Fa forse ciò parte dell'ordine della natura? [...] Perché allora dobbiamo continuare in questa misera condizione?"

"Una mucca con una cornata sfornò la porta del magazzino e tutti gli animali cominciarono a servirsi di quanto era lì ammucchiato. Proprio allora il signor Jones si svegliò. Un momento dopo, assieme ai suoi quattro uomini, era nel magazzino e con la frusta menava terribili sferzate a dritta e a manca. Era più di quanto quelle bestie affamate potessero sopportare. Di comune accordo [...] si lanciarono sui loro aguzzini. Jones e i suoi uomini si trovarono a un tratto sospinti, battuti, presi a calci da ogni parte [...] Tutti e cinque fuggirono giù per la via carraia che conduceva alla strada maestra, e gli animali li inseguirono, trionfanti."

"I maiali erano riusciti a concretare i principi dell'Animalismo in Sette Comandamenti. Questi Sette Comandamenti sarebbero stati scritti sul muro; avrebbero così formato una legge inalterabile secondo la quale tutte le bestie della Fattoria degli Animali avrebbero dovuto vivere da quel momento per sempre."

"I Comandamenti furono scritti su un muro incatramato, a grandi lettere bianche che si potevano leggere alla distanza di trenta metri. Eccone il testo:

I SETTE COMANDAMENTI

1) Tutto ciò che va su due gambe è nemico.
2) Tutto ciò che va su quattro gambe o ha ali è amico
3) Nessun animale vestirà abiti.
4) Nessun animale dormirà in un letto.
5) Nessun animale berrà alcolici.
6) Nessun animale ucciderà un altro animale.
7) Tutti gli animali sono eguali."


"Benjamin sentì un naso strofinarsi contro la sua spalla. Guardò. Era Berta. I suoi vecchi occhi erano più appannati che mai. Senza dir nulla lo tirò gentilmente per la criniera e lo portò nel grande granaio ove erano scritti i Sette Comandamenti. Per qualche istante ristette fissando la parete scura e le lettere bianche. "La mia vista si indebolisce" disse infine. "Anche quando ero giovane non riuscivo a leggere ciò che era scritto qui. Ma mi pare che la parete abbia un altro aspetto. I Sette Comandamenti sono gli stessi di prima, Benjamin? [...] Benjamin consentì a rompere la sua regola e lesse ciò che era scritto sul muro. Non vi era scritto più nulla, fuorché un unico comandamento. Diceva: "Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali di altri"."

"Un maiale stava camminando sulle gambe posteriori. Sì, era Clarinetto. [...] Poco dopo, dalla porta della casa colonica uscì una lunga schiera di maiali: tutti camminavano sulle gambe posteriori [...] Infine [...] uscì lo stesso Napoleone, maestosamente ritto, gettando alteri sguardi all'ingiro, coi cani che gli saltavano attorno. [...] i maiali presero dal guardaroba gli abiti del signor Jones e li indossarono e fu visto Napoleone in giacca nera, pantaloni e scarpe di cuoio, mentre la sua scrofa favorita vestiva l'abito di seta che la signora Jones portava la domenica."

"Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c'era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due."