L'Idealismo


Qualche concetto e frase dell'Idealismo!

L'Idealismo è una delle correnti di Filosofia più difficile per un autodidatta... ma questo non toglie che armati di buona volontà non si possa accostarsi a questa corrente, nei concetti essenziali o in qualche frase (che può essere interpretata anche al di fuori dell'Idealismo stesso).

I tre nomi più famosi dell'Idealismo, la Sacrà Trinità, sono Fichte-Schelling-Hegel.

Con questi tre Pensatori la Filosofia Occidentale raggiunge le vette più alte del suo sviluppo, e finalmente, si stacca dall'"asservimento" alla dottrina cattolica. (la Filosofia era vista infatti come "ancilla theologiae" ovvero "serva della teologia").

L'Idealismo si dividerà poi in "hegeliani di destra" e "hegeliani di sinistra". Anche Max Stirner partì dall'Idealismo (frequentava parecchi Idealisti) ma estremizzò così tanto certi concetti, che venne a fondare un sottogenere a parte, chiamato "Idealismo Assoluto o Soggettivo".

Dopo l'Idealismo nasce il Positivismo, che domina gran parte del '800, insieme al Marxismo e allo Spiritualismo (che ebbe minor diffusione, verso la fine dell'800-primi del '900). Il Marxismo in effetti riprende alcuni concetti hegeliani, virandoli però in chiave di "lotta politica" e come metafora del proletariato; agli inizi del '900 l'Idealismo torna di moda in Italia, con Croce e Gentile ("Neo Hegelismo" o "Neo Idealismo").


Per prima cosa riporto due concetti base dell'Idealismo:

* Ogni tentativo di dire qualcosa dell'universo (tesi) viene contraddetto da un'altra formulazione (antitesi) e il conflitto tra le due si risolve in una frase che incorpora la verità parziale di entrambe (sintesi).

* La realtà non è formata da qualcosa di stabile e fisso, ma dal movimento continuo che si attua per contrapposizioni e scissioni continue. Gli elementi che compongono il divenire di ogni realtà, se presi isolatamente, sono astratti, concreti sono solo la loro fusione e il loro continuo fluire.

Cosa vogliono dire, in estrema sintesi, queste due frasi?

Che la realtà è l'unità delle contraddizioni. è proprio il continuo scontro tra gli opposti (caldo/freddo, secco/umido, maschio/femmina e così via, ovvero la tesi e l'antitesi) a generare la realtà, la Storia (la sintesi). Lo scontro, l'alternarsi di queste forze, viene chiamato "Dialettica".

Vediamo ora un esempio preso da Hegel (1770-1831) che ho sempre trovato geniale e che credo possa far comprendere meglio l'Idealismo.

"Il frutto è in contraddizione con il fiore perché è la morte del fiore, ma soltanto l'insieme del frutto e del fiore costituisce l'albero. La contraddizione è vita, morte è l'identità totale, che non ha movimento che non muta."

Cosa vuol dire questa frase?

Che il frutto nasce dalla morte del fiore: infatti, il fiore di un albero nasce e sboccia; il suo profumo attrae gli insetti, che lo impollinano; il fiore così si chiude, "morendo", rinunciando ad essere fiore, per tramutarsi in frutto. Il frutto nasce quindi dalla morte del fiore, che non è morte negativa, totale, ma anzi, è un passaggio obbligato per far nascere il frutto, che rappresenta la morte del fiore. Eppure, il frutto nasce proprio dal fiore, e ambedue appartengono alla stessa pianta. Laddove il fiore è la tesi, e il frutto è l'antitesi (ovvero ciò che si è scontrato contro il fiore, il suo opposto), la sintesi è l'albero, che è formato da fiore+frutto, ovvero da una cosa che nega l'altra!

La contraddizione, ovvero il fiore che "muore" per lasciare spazio alla formazione del frutto (che non è nient'altro che il fiore, ma mutato in frutto), genera la vita: permette all'albero di crescere e di riprodursi. Se l'albero non avesse questa dialettica, questo scontro, ovvero, il fiore in contrapposizione col frutto, non avrebbe modo di crescere, di svilupparsi, di essere albero vivo. Sarebbe statico, atrofizzato, morto. 

L'unità dei contrari è alla base della realtà. E se ci pensiamo, questo concetto non solo "va contro il cristianesimo" che spezza la realtà in dicotomie rigide (Bene contro Male, maschio contro femmina e così via) ma anche si ricollega alla tradizione orientale, che ha sempre cercato l'armonia negli opposti (si veda il simbolo del Tao, al riguardo: un cerchio formato da due gocce, una in direzione opposta all'altra, bianca e nera, e al loro interno, un "seme" del colore opposto, a significare la loro unione).

Prima di Hegel, altri due pensatori avevano affermato un concetto similare: Jacob Bohme e Gregorio di Nazianzo. Hegel partirà proprio da Bohme (vissuto nel Rinascimento).

Secondo Bohme il mondo è costituito di opposizioni
("Al chiaro occorre l'oscuro per manifestarsi").

In effetti, noi abbiamo il concetto di "Luce" solo perché vediamo il suo contrario ("Buio").

Bohme ebbe a dire: "Ogni uomo è il suo proprio Dio e anche il suo proprio Diavolo", un concetto importantissimo, ripreso anche da Schiller (nei "Masnadieri": "Io sono il mio proprio Inferno e il mio proprio Paradiso"), Goethe (che lo mette in bocca al suo Mefistofele: "Non conosco altro inferno che questo mio spirito") e Swedenborg (un mistico che credeva che la vita dopo la morte fosse uguale a quella che avevamo in vita. Esempio: se per tutta la vita sei stato un invidioso, lo sarai per tutta l'eternità. Non esistono inferno di fuoco, paradiso, ecc. ecc. ma solo la persistenza di ciò che eravamo in vita).

Bohme dice: "Ovunque uno è contro l'altro, non perchè suo nemico, ma proprio per potersi esso stesso muovere e rivelare" (La luce non è contro le tenebre, ha bisogno di esse per manifestarsi e viceversa).

A Gregorio di Nazianzo invece è attribuita questa frase:

"L'Uno (Tohen) è sempre in rivolta (Stasiatson) contro se stesso (Prosheauton)"

All'unione di Ragione e Coscienza, Hegel dà il nome di Spirito.

"La Ragione è Spirito, in quanto la certezza di essere ogni realtà è elevata a verità ed è consapevole di sé come del suo mondo e del mondo come di se stessa."


Ora qualche frase di Fichte (1762-1814) e Schelling (1775-1854)!

In estrema sintesi, Fichte lo possiamo capire da questa frase:

L'universo è una serie di manifestazioni della sostanza fondamentale, l'Io. Emergono due aspetti:

1) Il Sé, di cui io sono consapevole.
2) Il Non-Io, ovvero le cose che considero altro rispetto a me stesso.

Quindi, per Fichte, esiste l'Io, e tutto ciò che dall'Io vengono considerate altro, ovvero il Non-Io.
C'è da sottolineare però che l'Io di Fichte non è l'Io del Solipsismo (ovvero l'Idealismo Assoluto o Soggettivo, di Max Stirner, che prese alla lettera certi concetti Idealistici sull'Io, l'Ego, riducendo tutto l'esserci umano all'Ego-ismo).


"Agisci in modo da poter considerare la massima della tua volontà come legge eterna per te."

"La verità...colui che deve possederla deve assolutamente generarla da sé medesimo."


E ora Schelling!

In sintesi, il centro del suo Idealismo trascendentale è costituito dalla Dialettica dell'Autocoscienza che è l'Io, visto come Illimitato e Limitato, allo stesso momento. Secondo Schelling, gli opposti dialettici dell'Io si armonizzano nell'Assoluto:

"Io originariamente posto da se stesso... è posto non perché è posto, ma perché esso stesso è il ponente"

L'Io pone l'Io.

Se vogliamo, pensiamo al "Cogito ergo sum" di Cartesio: anche in quel caso l'Io, il prendere consapevolezza di esistere, era dato proprio dal fatto che ci si rendesse conto che si pensava e che l'atto del pensare rendesse vivi, rendesse persone.

Per Schelling, "Dio è Autocoscienza Assoluta di Sé come affermante se stesso e come affermato da se stesso."

Ovvero Dio sarebbe colui che totalmente consapevole di Sé, pone se stesso, si afferma: "Io sono Dio, Io sono CoLui che è", in senso attivo ("affermante") e passivo ("è affermato" proprio da Se Stesso, in un atto che è allo stesso tempo attivo e passivo).

Infine, riporto questa bellissima frase di Schelling:

"Impara per nessun altro scopo che per creare a tua volta." 


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J.G.FICHTE

Nella Dottrina della Scienza Fichte si era posto il problema di ricondurre la conoscenza ad un principio incondizionato, cioè assoluto (ab-solutum, alla lettera, 'ciò che non è legato a nulla', 'ciò che non dipende da nulla'). Questo principio, afferma Fichte, non può essere rintracciato nella rappresentazione (cioè la conoscenza empirica, sensoriale… ossia ciò che si vede, si sente, si tocca, si ricorda, si immagina, si pensa…), perché la rappresentazione è un prodotto della coscienza e non il principio della conoscenza. Quindi Fichte ravvisa l'assoluto conoscitivo nell'atto stesso della coscienza, nella attività del conoscere, a cui dà il nome di 'appercezione trascendentale', il quale ha la forma di una autoinduzione della coscienza: "l'Io pone sé stesso"; a dire che la consapevolezza è in primis affermazione e volontà di conoscere. E' il primo atto del sapere, l'atto fondativo di qualsiasi conoscenza. Puoi paragonarlo al bisogno di conoscere, alla sete di sapere, alla curiosità. Come vedi in questo non vi è nulla di teorico: è un atto pragmatico, un atto di volontà, una spinta motivazionale. A questo punto l'Io nella sua spinta conoscitiva non può fare a meno di 'porre' l'oggetto della sua conoscenza, e questo perché la conoscenza, ogni conoscenza prevede sempre un soggetto e un oggetto, un conoscente e un conosciuto; quindi "l'Io pone il non-Io", cioè la coscienza pone in essere l'oggetto della sua stessa conoscenza, ciò che essa stessa conosce. Il problema, afferma Fichte, è che la gente si inganna, cade nel 'realismo' del senso comune, quando crede che il non-Io, l'oggetto delle nostre conoscenze, sia una realtà autonoma, separata e indipendente rispetto all'Io che conosce. Esisterebbe infatti per Fichte una particolare facoltà, l' 'immaginazione produttiva', la quale sarebbe responsabile di quella particolare illusione: è una facoltà automatica, che opera inconsapevolmente in noi, e che ci farebbe apparire come realtà in sé (realtà autonome e indipendenti dal nostro stesso conoscere) gli oggetti della nostra conoscenza. In realtà, afferma Fichte, tutto ciò che noi possiamo conoscere non può essere autonomo e indipendente dal nostro conoscere: è la nostra conoscenza che, conoscendo, pone in essere le cose, dà loro una realtà, un essere, una sostanza. Con questo concetto Fichte pone le fondamenta dell'Idealismo. Hegel non sarebbe possibile senza Fichte. Ma inizia anche la nuova stagione del Solipsismo individualistico, più o meno anarcoide o nichilistico: tutto dipende dal mio Io, dalla mia coscienza. La mia coscienza è il centro assoluto della realtà e dell'universo. La realtà non è null'altro che una produzione autonoma del mio Io, un parto dell'immaginazione, una allucinazione. Se viene meno la mia coscienza anche l'universo si annichila. Quindi nemmeno M.Stirner sarebbe possibile senza Fichte.


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SCHELLING

Riguardo F.W.J.Schelling il discorso è un po' più articolato rispetto Fichte. Schelling ritiene che attraverso la conoscenza teoretica, che riposa fichteianamente sulla distinzione di soggetto (conoscente) e oggetto (conosciuto), non si possa giungere all'Assoluto, il quale è invece identità di soggetto e oggetto, indistinzione di conoscente e conosciuto. Quindi per cogliere l'Assoluto ci si deve collocare al di là del processo conoscitivo, in senso teoretico, ed attingere, anziché ad un apparato concettuale, alla cosiddetta 'intuizione intellettuale' (facoltà della mente già tematizzata da Aristotele e, in epoca moderna, da Spinoza), in quanto solo nella intuizione, e non nella definizione concettuale, vi è piena coincidenza di conoscente e conosciuto. Per capirci, l'intuizione la puoi paragonare alla immedesimazione (quando ad es. guardi un film e la storia narrata è così coinvolgente e verosimile che ti immedesimi nel personaggio, che empatizzi coi suoi stati d'animo, etc.). Il compimento di questa indistinzione, di questa immedesimazione è propriamente l'Assoluto. Ora, secondo Schelling, l'Assoluto presenta due versanti, due aspetti, due lati. Se lo si considera dalla prospettiva del conoscente, del soggetto, allora l'Assoluto è Spirito. Se invece lo si considera dalla prospettiva del conosciuto, dell'oggetto, è Natura, la quale altro non è che Spirito oggettivato, Spirito inconscio. Così Schelling scriverà: mentre nello Spirito il soggetto sopravanza l'oggetto, nella Natura è l'oggetto che sopravanza il soggetto. Per Schelling più che la conoscenza concettuale e teoretica è l'arte l'organo dell'Assoluto, il viatico dell'Assoluto, la porta che ci fa accedere all'Assoluto. Nella produzione artistica, infatti, non c'è più scarto tra idealità (idea soggettiva) e realtà (oggettività); nell'opera d'arte il soggettivo (i sentimenti, gli stati d'animo) trova una forma concreta, reale (scritti, dipinti, sculture, suoni…), e viceversa il concreto degli oggetti allude a significati spirituali.

Ripensando a quanto ti ho scritto su Schelling sono anche convinto che il suo pensiero sia in qualche modo stato fondamentale anche per l'Irrazionalismo del '900, soprattutto di Nietzsche, ma che abbia influenzato molto anche il Dannunzianesimo, il Decandentismo e il Futurismo. D'altra parte è forse la prima filosofia dell'Occidente, a parte la parentesi della Tragedia greca dell'epoca classica (soprattutto Sofocle), in cui l'irrazionale (l'istinto, l'emozione, il sentimento) viene riconciliato col razionale nel concetto di Assoluto. A dire che l'Assoluto non può escludere da sé l'irrazionale e farsi portavoce solo del razionale, chè altrimenti, se lasciasse fuori di sé qualcosa, sarebbe incompleto e dunque non sarebbe più assoluto. Se tu ci pensi l'arte cerca proprio di fare questo: ricomprendere l'irrazionale, reintegrare anche la part maudite (G.Bataille), tutte quelle pulsioni, inclinazioni emozioni che ordinariamente non accettiamo e non tolleriamo, ma anche il dolore, la sofferenza, la paura, l'angoscia… soprattutto se si pensa all'arte contemporanea, del tutto affrancata dall'esigenza di rappresentare il 'bello' e cassa di risonanza del disagio esistenziale, dell'alienazione e della spersonalizzazione della civiltà industriale-capitalistica.

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Dal commento di Susanna Mati


L'Io ha una forza geroglifica (Fichte)


Il Romanticismo è anche una questione di magia, e la prima formula magica è quella dell'Io (*).
Fichte, scrive Novalis a Friedrich Schlegel, è un pensatore pericoloso, che ti incanta e t'imprigiona nel suo cerchio magico; di fatto quasi tutte le idee basilari della Romantik derivano dal geniale fraintendimento e dall'estremizzazione di alcuni principi esposti nella Wissenschaftslehre. (Nota di Lunaria: credo che qui si alluda alla dottrina di Fichte sull'"immaginazione produttiva" nella quale Fichte cerca l'origine della rappresentazione di un mondo intorno a noi (il Non-Io) e insieme per le forme necessarie del pensiero (le categorie). Vedi "Gundriss der eigentümlichen Wissenschaftslehre")
Fichte diviene il pensatore chiave dell'epoca, poiché offre e dischiude ai Romantici quegli abissi che Kant aveva loro prima fatto intravedere, per poi negarvi severamente l'accesso; la coscienza come luogo vuoto di rappresentazioni, l'inconoscibilità della cosa in sé, i limiti posti alla stessa attività immaginativa - che Kant aveva teorizzato - lasciavano infatti insoddisfatti i Romantici e i primi Idealisti. Si accompagnava a ciò l'esigenza sempre più urgente di un sistema, fondato su un principio supremo inamovibile (esigenza condivisa paradossalmente da Novalis: l'autentico sistema filosofico deve comprendere libertà e infinitezza, o per dirlo più incisivamente, l'asistematicità dentro un sistema).

Nota di Lunaria: Stirner ha portato l'Io ai massimi livelli, ben oltre Fichte, Schelling e Hegel.


Fichte rivendicò così nella "Dottrina della scienza" la piena libertà della coscienza tramite l'assoluto porre dell'Io:
"L'Io pone Se Stesso" (...) Sein e Setzen, Essere e Porre, sono infatti indifferenti; l'Io, il soggetto assoluto, è posto senza ragioni ("Ohne allen Grund"), eppure assolutamente.
Allo stesso tempo il porre dell'Io si configura come pura attività, e quest'attività assoluta è quella di determinarsi, affinché all'Io, prima o dopo, possa essere ascritta la totalità della realtà: l'Io determina la realtà, poichè essa è posta nell'Io.

Nota di Lunaria: non a caso la Mistica religiosa nega l'Io, lo annienta, mortifica, nichilizza, per poter affermare l'esistenza di Dio come Io Supremo, e potersi annullare e fondere in lui.
Contrariamente a quello che si crede, la forma più assoluta dell'Adorazione di Sé, in epoca moderna, è il Satanismo Laveyano.

"Satana rappresenta tutto ciò che è chiamato peccato, partendo da tutti quelli che così definiscono la gratificazione fisica, mentale, ed emozionale!", contrapponendo a questo Satana (ovvero l'Ego dello stesso satanista) il dio cristiano, visto come dio che impone solo rinuncia e mortificazione.

"Affonderò il mio indice nell’acquoso sangue del vostro pazzo e impotente redentore, scrivendo sopra le spine che gli lacerano la fronte: il VERO principe della malvagità - il re degli schiavi!"
 
"Osservate bene il crocefisso; cosa simboleggia? Un pallido incapace appeso ad una croce."   

"La vita è un grande compiacimento, la morte una grande astinenza. Per questo, godetevi il meglio della vita… ! QUI E ORA"

"Non esiste affatto un paradiso di gloria splendente, e un inferno dove arrostiscono i peccatori. Qui e ora è il nostro giorno di tormento! Qui e ora è il nostro giorno di gioia! Qui e ora è la nostra opportunità! Scegliete voi questo giorno, questa ora, non per redimervi la vita!"

"Dite al vostro cuore, “Sono io il mio redentore”!"

"L’eterna fiamma del potere, attraverso la gioia, abita nella carne del Satanista!"

In effetti, il Satanismo Laveyano non è che Idealismo portato ai massimi livelli di Affermazione e Potenza, Gioia e Fantasia Sfrenata di Godimento. Non stupisce che il vero Satanista (ovvero: L'Adoratore di Se Stesso) abbia orrore e disgusto dei luoghi cristiani: il cimitero, in primis, monumento supremo che celebra l'idea che più lusinga i religiosi: l'idea della morte, della fine dell'Ego, della Nientità. Curiosamente, Satanismo Laveyano e Swedenborg si incontrano, in un unico punto, sull'idea (ipotetica) di un'Aldilà: cos'è l'Aldilà? In cosa consiste? Semplice: in Noi Stessi. Il Nostro Ego, così com'è, al modo che è, con le cose che amava e con le cose per le quali soffriva o odiava.


Riprendendo Fichte:

Io sono: in questa proposizione il posto del predicato rimane vuoto per lasciare spazio alla possibile determinazione all'Infinito dell'Io; su ciò si basa la libertà umana: "All'infinito l'uomo deve avvicinarsi sempre più alla libertà che è in sé inattingibile"
E anche in questo motivo idealistico, il tentativo di rendere reale l'infinito, diventa uno dei cardini della poetica Romantica.
(...) "Questo scambio reciproco dell'Io in se stesso e con se stesso, poiché si pone finito e infinito a un tempo - uno scambio consistente in una lotta con se stesso, ora tenta di accogliere l'infinito nella forma del finito, ora, respinto, pone di nuovo l'infinito fuori di questa forma tentando ancora di accoglierlo. - Questo scambio reciproco è la facoltà dell'immaginazione."


(*) Nota di Lunaria: è singolare che Mary Daly, donna oppressa in virtù della nostra condizione "cristianamente inferiore tre volte", abbia scritto in "Al di là di Dio Padre": "Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo." e "Le donne spintesi al di là di dio padre scoprono che il misticismo delle parole si intreccia col misticismo della creazione. Creare parole è un modo fondamentale di Ammaliare - Accendere le donne alle intuizioni e alle azioni che cambiano la nostra vita. Creare parole è espressione dei poteri di trasformare, di tessere significati e ritmi, di scatenare le forze/fonti Originarie. Arrangiando le parole affinché comunichino i loro significati Arcaici, le Tessitrici le liberano dalle celle dei sensi convenzionali. Lasciando le parole libere di correre insieme, le Tessitrici divengono Muse. Noi non usiamo parole; noi meditiamo parole. Le donne e le parole metaformanti hanno poteri magici, aprono vie alle memorie, trasformano spazio e tempo (...) "Il metodo di liberazione comporta quindi la castrazione del linguaggio e delle immagini che perpetuano e rispecchiano le strutture di un mondo sessista. Esso castra precisamente nel senso che taglia via il sistema fallocentrico di valori imposti come patriarcato, nelle sue espressioni più sottili come in quelle più manifeste."
Appunto: andare al di là di dio padre significa inventare/riscoprire dentro di sé nuove parole magiche e nuove strutture e archetipi per sentirci veramente donne. Praticamente, la morte del dio padre è la nascita dell'Ego Femminile.
Dice bene Mary Daly affermando: "Rettificando le parole di Nietzsche: "Ora, cosa sono queste chiese se non i sepolcri delle donne?" (...) La religione maschile seppellisce le donne in sepolcri di silenzio."
Patriarcato, Ipostasi: genocidi della donna, della femminilità.
Il concetto di Ipostasi è il più grande stupro dell'anima/mente femminile mai postulato da mente (fallica) maschile; la vittoria del Fallo proclamato Dio, lo stupro concettuale.