Simone Weil


"Debbo amare d’esser niente. Come sarebbe orribile se io fossi qualcosa. Amare il mio nulla, amare d’essere nulla. Amare con la parte dell’anima che si trova dietro il sipario, perché la parte dell’anima che è percettibile alla coscienza non può amare
il nulla, ne ha orrore. Se essa crede di amarlo, vuol dire che ama qualcosa di diverso dal nulla"


QUADERNI, VOLUME PRIMO

Etiam Peccata (anche i peccati). Perché una colpa è possibile solo nella misura in cui si è compreso che è una colpa: commettere la colpa è dunque necessario per apprendere qualcosa, come un dolore fisico per svelare una malattia. Cio è pensabile solo al passato. (Simone Weil "Quaderni Volume Primo" pagina 146)
A partire da un certo grado di oppressione, i potenti arrivano necessariamente a farsi adorare dai loro schiavi. Perché il pensiero di essere assolutamente costretto, zimbello di un altro essere, è un pensiero insostenibile per l'essere umano. Allora, se gli vengono strappati tutti i mezzi per sfuggire alla costrizione, non gli resta altra alternativa se non persuadersi che le cose stesse a cui lo si costringe le compie volontariamente, in altri termini sostituire la dedizione all'obbedienza (e a volte egli si sforzerà anche di fare più di quanto gli è imposto, e ne soffrirà meno, per lo stesso fenomeno per cui i bambini sopportano ridendo, quando giocano, dolori fisici che, se inflitti come punizione, li prosterebbero.) è con questo giro vizioso che la servitù avvilisce l'anima: in effetti questa dedizione riposa su una menzogna verso se stessi, perché le ragioni non reggono. (al riguardo, il principio cattolico dell'obbedienza va considerato come liberante, mentre il protestantesimo riposa sull'idea di sacrificio e di dedizione). (pagina 153-154)
Patire il male è orribile quando si è presenti a esso. Ovidio. Inferno. è vero anche l'inverso; colui che è presente nel male che patisce sarà presente anche nel male che compirà (pagina 276)
La stessa necessità che fa sì che il male sia, senza che se ne possa rimproverare Dio, introduce il male anche in tutte le azioni dell'uomo più giusto. Il pensiero di Retz, secondo il quale è sempre per colpa propria che ci si trova in situazioni tali per cui qualsiasi partito si prenda è cattivo - non è forse questo il Karman? (pagina 276)
L'uomo deve forse passare (ogni volta, fino allo stato supremo?) per la prova della durata perpetua (inferno) prima di avere accesso all'eternità? (pagina 309)
Crocifissione. Dio ha espiato la creazione, e anche noi che ad essa siamo associati la espiamo. (pagina 311)
è necessario essere eccezionalmente coscienti per studiare il semi-inconscio in se stessi (Chartier), è necessario essere molto puri per fare il male. E, se si è puri, fare il male è una lacerazione. Lawrence. Quale rimedio? è necessaria una grande costrizione, e pochi esseri sono così puri da poter maneggiare la forza. (pagina 321)
"Io li rigetto eternamente in nascite demoniache". Dunque, inferno. Il paradiso è eterno, l'inferno è nel tempo. (pagina 328)


QUADERNI, VOLUME SECONDO

Il Cristo ha avuto tutta la miseria umana, salvo il peccato. Ma ha avuto tutto ciò che rende l'uomo capace di peccare. Ciò che rende l'uomo capace di peccare è il vuoto. Tutti i peccati sono tentativi di colmare dei vuoti. Così, la mia vita piena di macchie è vicina alla sua perfettamente pura, e questo vale anche per le esistenze più basse. (pagina 38)
I miei due nemici: fatica e disgusto (disgusto fisico per ogni sorta di oggetti), l'una e l'altro quasi invincibili e, in certe circostanze, possono in un momento farmi cadere molto in basso. Da sorvegliare. (pagina 44)
Considerare tutti i propri peccati come semplici manifestazioni della miseria umana, la miseria comune a tutti gli uomini, compreso il Cristo, questo soltanto permette di contemplarli senza veli. Altrimenti non se ne ha la forza, è necessario mentire. Reciprocamente, considerarli così, non si può disprezzare nessuno (pagina 44)
Non poter sopportare ciò che è. Tuttavia di fatto lo si sopporta, perché è. Tensione di tutto l'essere verso il futuro immediato, il momento prossimo in cui, si crede, ciò che non sarà più. (pagina 47)
"Non è possibile"; ciò che non è possibile è pensare un futuro in cui perduri la sventura. Lo slancio naturale del pensiero verso il futuro è arrestato, l'essere è lacerato nel suo sentimento del tempo. "Fra un mese, fra un anno, come sopporteremo..." il desiderio è uno slancio del pensiero verso il futuro. Un futuro che non racchiude nulla di desiderabile è impossibile. La sofferenza non è nulla al di fuori del rapporto tra il passato e il futuro, ma per l'uomo cosa di più reale di questo rapporto? La realtà stessa.(pagina 48)
Il desiderio di colpire altri nello stesso punto della fronte. Desiderio di vedere altri soffrire ciò che si soffre, esattamente. Per questo (eccetto nei momenti d'instabilità sociale) i rancori dei miserabili si volgono verso i loro pari. (pagina 50)
Il vero rimedio non consiste nella sofferenza che imponiamo a noi stessi, ma in quella che si subisce dal di fuori. Ed è anche necessario che essa sia ingiusta. Quando si è peccato per ingiustizia, non basta soffrire giustamente; è necessario soffrire l'ingustizia. (pagina 82)
Più in generale, non pensare mai a una cosa che non si ha sotto gli occhi senza pensare che forse è distrutta. Che questo pensiero non dissolva il sentimento della realtà, ma lo rende più intenso. (pagina 139) 
La rinuncia è la sottomissione al tempo. Il dolore fa entrare il tempo e lo spazio nel corpo. (pagina 142)
La sofferenza si definisce con degli sforzi a vuoto... l'accettazione della sofferenza è così l'accettazione del vuoto. Rinunciare ai frutti significa avere una vita interamente composta di sforzi a vuoto. (pagina 151)
La violenza fatta a se stessi deve essere avvertita come qualcosa che si subisce piuttosto che come qualcosa che si fa. Come nelle sofferenze fisiche e nei timori temporali. Vi si deve  assaporare e misurare la propria miseria. Essa non è un effetto della volontà; è imposta dalle imperfezioni e da quelle circostanze nelle quali si legge un obbligo. (pagina 181)
Suicidio condannato come surrogato della decreazione. (pagina 199)
Io sono niente. Questo significa inferno per tutti coloro per i quali io è essere. (pagina 200)
Dio ha creato l'uomo in stato di miseria. Crearlo in stato di santità sarebbe equivalso a non crearlo affatto. (pagina 207)
Il pentimento è una violenza che l'anima fa a se stessa per portare le proprie tare alla luce (pagina 209)
Dio non ama che se stesso. Egli ci ama, significa solamente che egli vuole, con la nostra cooperazione, amarsi attraverso noi. (pagina 222)  
è necessario pervenire ad una realtà ancora più piena nella sofferenza, che è nulla e vuoto. (pagina 237)
La distruzione puramente esteriore dell'io è dolore quasi infernale. La distruzione esteriore alla quale l'anima si associa per amore è dolore espiatorio. Produrre l'assenza di Dio è dolore che redime.(pagina 302)
Che cos'è quest'assenza di Dio prodotta dalla sventura estrema nell'anima perfetta? Qual'è questo valore ad essa attaccato, che porta il nome di valore redentivo?  è la purezza del male, la perfezione del male, l'abisso del male. L'inferno è un falso abisso. L'inferno è superficiale. (pagina 303)


QUADERNI, VOLUME TERZO

Ogni colpa conosciuta come tale, sia pure un pensiero fugace, è un po' di imperfezione che se ne va; e la somma totale dell'imperfezione è finita. (pagina 21)
Ci sono già quaggiù dolori quasi infernali e piaceri quasi infernali; ci sono gioie quasi divine e sofferenze quasi divine. Forse nell'istante della morte, un'infinità di gioia divina e un'infinità di dolore puro entrano contemporaneamente nell'anima santa facendola scoppiare e sparire nella pienezza dell'essere; mentre l'anima dannata si dissolve nel nulla con un misto di orrore e di orribile compiacimento. (pagina 207)
Il grande dolore del lavoro manuale è di essere costretti a uno sforzo tanto prolungato semplicemente per esistere. (pagina 258)
I momenti nei quali si è costretti a guardare la semplice esistenza come unico fine, è l'orrore totale, allo stato puro. è l'orrore della  situazione del condannato a morte, che il Cristo stesso ha provato (pagina 259)


QUADERNI, VOLUME QUARTO

Il dolore ci inchioda al tempo, ma l'accettazione del dolore ci trasporta al termine del tempo, nell'eternità. Così esauriamo la lunghezza indefinita del tempo, la superiamo. (pagina 91, Quaderni volume quarto)
L'eternità si trova al termine di un tempo infinito. Il dolore, la fatica, la fame danno al tempo il colore dell'infinito. (pagina 106)
La fame (sete, ecc.) e ogni desiderio della carne è un orientamento del corpo verso il futuro. Tutta la parte carnale della nostra anima è orientata verso il futuro. La morte la gela. La privazione somiglia da lontano alla morte. (pagina 117)
Il nostro peccato consiste nel voler essere, e il nostro castigo è credere di essere. L'espiazione sta nel non voler più essere; e la salvezza per noi consiste nel vedere che non siamo. (pagina 248)
La quantità di male nel mondo è rigorosamente uguale alla quantità di castigo necessario. Solo che essa colpisce a caso. (pagina 249)
L'inferno è accorgersi di non esistere e non acconsentirvi. La purezza attrae il male che si attacca ad essa perchè sia distrutto come le farfalle della fiamma. Tutto deve passare per il fuoco. Ma quanti sono diventati fiamma si trovano a casa loro nel fuoco. Ma per diventare fuoco bisogna aver attraversato l'inferno. (pagina 249)
Il grande crimine di Dio verso di noi è averci creati; è che noi esistiamo. Il nostro grande crimine verso Dio è la nostra esistenza. Quando perdoniamo a Dio la nostra esistenza, la nostra esistenza è perdonata da Dio. Bisogna sapere che siamo niente, che l'impressione d'essere qualcuno è solo un'illusione, e spingere la sottomissione fino ad acconsentire non solo a essere niente, ma anche, nello stesso tempo, ad essere nell'illusione. Allora l'anello dell'obbedienza si chiude; in apparenza si è tornati al punto iniziale, al punto in cui sono quelli che non amano Dio. E Dio allora ci perdona di esistere. Dio ci perdona di esistere nel momento in cui non vogliamo più acconsentire ad esistere se non nella misura in cui questa è la volontà di Dio (pagina 303-304)

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Tutti i peccati sono tentativi per colmare dei vuoti.

Vuotarsi; ci si espone a tutta la pressione dell'universo che ci circonda.

La Filosofia è orientata alla vita attraverso la morte.

Comprendere l'unità dei contrari è il movimento proprio della parte divina dell'anima.

Ogni affermazione vera è un errore, se non è pensata contemporaneamente al suo contrario, e non si può pensarla contemporaneamente.

Vuotarsi; ci si espone a tutta la pressione dell'universo che ci circonda.

La rassegnazione autentica non è un sentimento triste; è un'accettazione gioiosa della vita così com'è, comprese le sofferenze.

Se solo il presente mi appartiene, io sono il nulla, perché il presente è nulla.

Tutta la nostra vita è continuamente sottomessa al caso per mezzo delle affezioni.

Ci liberiamo dalle affezioni nella misura in cui le comprendiamo.


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"Quel che conta in una vita umana non sono gli eventi che vi dominano il corso degli anni - o anche dei mesi - e nemmeno dei giorni. è il modo con il quale ogni minuto si connette al minuto seguente e quel che a ognuno costa, nel corpo, nel cuore, nell'anima - e soprattutto nell'esercizio dell'attenzione - compiere, minuto per minuto, quella connessione."

"Il tempo, secondo la formula di Lagneau, è il marchio della nostra impotenza"

"Questione del tempo, del passato. Capitale, poiché il tempo forma il tessuto stesso della vita umana."

"Sventura: annienta l'Io. Sottrae realtà, toglie realtà al mondo. Piomba nell'incubo. Ma anche l'azione corrispondente tramuta in sogno la realtà. L'azione come linguaggio. Come le opere d'arte.  Si comunica qualcosa per mezzo di un'azione."