Hegel
Non quella vita che inorridisce davanti alla morte, schiava della distruzione; anzi, quella che sopporta la morte e in essa si mantiene, è la vita dello spirito. Esso guadagna la sua verità solo a patto di ritrovare se stesso nell'assoluta devastazione.
Esso è questa potenza, ma non alla maniera stessa del positivo
che non si dà cura del negativo: come quando di alcunché noi diciamo che non è niente o che è falso, per passare molto sbrigativamente a qualcos'altro; anzi, lo spirito è questa forza solo perché sa guardare in faccia il negativo e soffermarsi presso di lui. Questo soffermarsi è la magica forza che volge il negativo nell'essere.
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Da "Scienza della Logica"
Nell'assoluta chiarezza si vede così poco quanto nell'assoluta oscurità [...] La luce pura e la pura oscurità sono due vuoti, sono il medesimo. Solo nella luce determinata - e la luce è determinata dall'oscurità -, quindi solo nella luce offuscata, come solo nell'oscurità determinata - e l'oscurità è determinata dalla luce -, quindi solo nell'oscurità illuminata si può distinguere qualcosa.
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DIALETTICA HEGELIANA
E dopo lo schemino sull'Idealismo, mi addentro ancora nella Dialettica Hegeliana, cercando di analizzarla a 360°
Per prima cosa, trascrivo una pagina di un libro che fotocopiai tempo fa.
Hegel chiamò Dialettica il processo attraverso cui il Finito si risolve nell'Infinito. Questo divenire che potrebbe dirsi "la Vita dello Spirito", consiste in un ritmo triadico: il primo momento è la Tesi (l'Essere in Sé); il secondo è l'Antitesi (l'Essere fuori di Sé); il terzo la Sintesi (il Ritorno a Sé).
Nota di Lunaria: mi pare che si possa fare un collegamento con Fichte e il suo Io/Non-Io. L'Essere in Sé = Io ; L'Essere fuori di Sé = Non-Io. In Fichte però, credo che manchi appunto la Sintesi, ovvero il Ritorno a Sé dell'Io.
La Dialettica è in atto in ogni parte dell'esistente; nel mondo naturale, per esempio, spiega l'andamento del divenire biologico: nel seme (Tesi) è già potenzialmente contenuta la pianta (Sintesi), ma affinchè lo sviluppo si compia è necessario che il seme si trasformi radicalmente, ossia si neghi come tale, nel momento dell' Antitesi. L'intero processo è descrivibile come un circolo, in cui si verificano una nascita, uno sviluppo e infine il ritorno all'elemento originario, arricchito di una nuova dimensione.
Nota di Lunaria: qui credo si possa fare un collegamento sia con Foscolo, nel Carme "Dei Sepocri", che trattava appunto della disgregazione del cadavere, che si tramutava in elementi della natura, e in de Sade, che appunto considera la Natura come matrigna, e più e più volte ripete che dopo la Morte non vi è alcuna persistenza dello spirito, perchè tutto si disgrega e riassembla in composti diversi nel terreno. Sotto un certo punto di vista, anche la Vita e la Morte hanno la loro Dialettica: nascita, vita, crescita, riproduzione, morte, cambiamento del corpo umano, che si dissolve e torna a far parte della Natura nel suolo.
Si può considerare la pianta come un seme realizzato, che ha sviluppato appieno la sia natura intima, ma è ovvio che non vi è alcun obbligo nell'assumere il seme come inizio del processo; anche se ciò è contrario alle abitudini, potremmo porre la tesi nella pianta e considerarla come un mezzo usato dai semi (ora divenuti sintesi) per riprodurre e moltiplicare se stessi. L'esito finale è comunque identico, perché la Dialettica si svolge in un processo cotinuo, in cui ogni essere realizza se stesso trasformandosi in qualcos'altro.
Il Metodo Dialettico implica che ogni aspetto della realtà, in quanto entità finita, non è mai definitivo e assoluto:
Hegel condivise con Eraclito l'affermazione che nulla vi è di stabile e che la realtà consiste in un processo di incessante divenire.
Nota di Lunaria: qui credo che ci si possa riferire anche a Bergson e "al suo flusso di eventi", anche se so che sono esistiti tra i Greci Filosofi che negavano il divenire, mi pare Parmenide, che riduce tutto il divenire a diventare un nulla, un niente (e poi citato da Emanuele Severino) ma conoscendo davvero poco, mi fermo qui, nell'osservazione.
Ogni essere non può sussistere permanendo uguale a se stesso.
Nota di Lunaria: qui dissento, e piuttosto tendo a vedere il tempo, l'esserci umano, come lo vedevano Cioran: un presente ghiacciato.
Nella "Caduta nel Tempo", Emil scrive:
"L'inferno è quel presente che non si muove, quella tensione nella monotonia, quell'eternità rovesciata che non si apre su niente, nemmeno sulla morte, mentre il tempo che scorreva, che si svolgeva, offriva almeno la consolazione di un'attesa, sia pure funebre."
Quindi, il tempo scorre nel suo fluire, ma solo da un punto di vista concreto e razionale. Se lo rapportiamo alla nostra dimensione interiore, al nostro percepirlo, il tempo può anche non scorrere, non esistere più, essere un presente ghiacciato, una sterile ripetizione dello stesso evento, si vedano i casi di persone traumatizzate da un evento, che non fanno altro che rivivere o tenere nella propria coscienza.
Un seme diventa comprensibile solo alla luce del destino che lo attende (il diventare una pianta).
Nota di Lunaria: e un essere umano diventa comprensibile solo alla luce del destino che lo attende, e di quello che realizzerà nella vita?
D'altra parte, se l'infinito vive nella finitezza del reale, allora ogni parte o frazione della realtà, anche se apparentemente insignificabile, ha una propria e profonda ragione d'essere, valore e dignità specifici.
"Tutto il reale è razionale", afferma Hegel: ciò che solitamente chiamiamo caso o fortuna non esiste affatto, ma è il prodotto di un tipico errore umano, frutto dell'abitudine a considerare e spiegare il finito in quanto tale, e non come momento di un processo. Ogni evento, alla luce del tutto, trova la sua spiegazione.
è soprattutto nell'applicazione alla storia che il procedimento hegeliano ha dato i risultati più interessanti: la sua opera più notevole la "Fenomenologia dello Spirito" (1807) è il racconto delle tappe in cui si è prodotto l'avanzamento progressivo dello Spirito.
Tutte queste tappe (che Hegel chiama "Figure dello Spirito"), come gli ingranaggi di un meccanismo, sono state necessarie e inevitabili; nella storia non vi sono eventi giusti o sbagliati, negativi o positivi, leciti o illeciti: tutto quanto è accaduto (anche le guerre e i misfatti più efferrati) ha avuto una sua precisa e ineliminabile ragion d'essere (questa teoria è detta Giustificazionismo).
Parere di Lunaria: non concordo del tutto, a meno che di non considerare la follia umana, il sadismo umano, come giustificazione a questo o quel crimine... comunque, al di là di questo passaggio della Filosofia Hegeliana, vorrei anche precisare, per quel poco che so, che tali concetti (Dialettica, Spirito...) vengono poi rivisti o alla luce della visione cristiana (come fece il gruppo di intellettuali che formò la Destra Hegeliana, alla morte di Hegel) e quindi lo Spirito, gli eventi della storia ecc. sono la manifestazione di Dio e del suo "intervenire nel e sul mondo degli esseri umani", oppure vengono visti in chiave politica e sociale (i Filosofi che formarono la Sinistra Hegeliana e poi il Marxismo), ovvero come scontro tra borghesia e proletariato, ricchi e poveri.
Al riguardo, sull'eredità culturale della Filosofia Hegeliana, riporto anche alcune frasi di Michele Vercellese su Hegel, tratte da "Cogito ergo Sum - Breve Storia della Filosofia"- :
"Quello che conta è che per Hegel ciò che esiste è il frutto del divenire guidato da inesorabili leggi che sono sia storiche che logiche. è in questo senso che ciò che è reale è razionale, perché non esiste per caso, ma come il risultato di leggi necessarie."
"Le grandi epoche della cultura e della storia, dall'antichità al cristianesimo, dal medioevo all'epoca moderna, sono le tappe di un progressivo realizzarsi di questo incontro tra razionale e reale e coincidono con il processo attraverso cui lo Spirito, la coscienza del mondo e dell'umanità, si manifesta a se stesso. Per Hegel, come per Eraclito, la guerra è la madre di tutte le cose, nel senso che tutto sviluppa a partire da condizioni dialettiche" (come non citare qui i Futuristi e Marinetti, con il suo "La guerra è l'igiene del mondo"! nota di Lunaria) "nel corso delle quali una Tesi si trasforma nel suo opposto (Antitesi) e da esse scaturisce una Sintesi finale."
"(Per Marx) secondo cui la borghesia capitalistica (Tesi), creando le fabbriche darà vita al suo nemico, il proletariato (Antitesi), il quale, dopo l'inevitabile rivouzione, realizzerà una nuova Sintesi (il Comunismo e la società senza classi)."
"A differenza di Marx, Hegel era però un conservatore, e riteneva che la società del suo tempo fosse prossima alla realizzazione della perfetta fusione tra razionalità e realtà... l'identificazione di realtà e razionalità è spesso stata rimproverata a Hegel come una pericolosa giustificazione a priori di ogni forma di conservatorismo, col rischio di tacciare come "nemico della ragione" chunque voglia criticare l'esistente. In verità, molti pensatori si sono opposti con veemenza alle tesi hegeliane, tra i più influenti, Schopenhauer, che vede la storia figlia della pazzia degli uomini" e Kierkegaard, che afferma il valore e l'indipendenza dell'individuo contro ogni necessità sociale e storica. Ciò non stupisce: la storia ha senso? procede secondo leggi inesorabili, o è il frutto (anche) del capriccio del caso e della volubilità dei destini umani?"
Anche l'Esistenzialismo si scaglia contro Hegel - oltre che con il positivismo -; riassumo qui il concetto che mi spiegò un mio caro amico, con degli schemini che conservo con affetto.
"Qual'è il problema dell'Idealismo? Il problema maggiore è l'incapacità di riconoscere autonomia e dignità ontologica [ontologia = ramo della Filosofia che indaga l'Essere] al Singolo e all'Individuale. L'Idealismo altro non è che uno sviluppo del razionalismo Spinoziano" (nota di Lunaria: Spinoza fu un pensatore di origine ebraica, molto contestato nel 1600, per il suo panteismo, ovvero il ridurre Dio alla Natura: "Deus sive Natura", "Dio, ovvero la Natura", intendendo come Dio tutto ciò che accade in natura, nelle leggi scientifiche che governano il Cosmo; in realtà, questo pensiero era avverso ai cristiani/ebrei del tempo perché era una sorta di "ateismo camuffato": affermando che Dio era la Natura, si "spogliava" Dio da tutto ciò che non è razionale e scientifico, naturale, insomma, dei suoi attributi tipicamente religiosi cristiani/ebraici; in un certo senso affermare "Io credo nel Dio di Spinoza" suona più o meno come affermare "Io credo nella Natura, nelle sue leggi chimiche e fisiche, nella Scienza, e nell'Intelletto Umano che comprende la Natura"; il concetto del "Dio immanente, quasi panteistico, ovvero presente nel mondo, e nell'essere umano" verrà ripresa dai Teologi della Morte di Dio nel '900, che si scagliavano appunto contro il Dio Trascendente, Assente e Muto, assiso sul suo trono come un despota in un Regno dei Cieli, il Dio della rigida dogmatica cattolica ed ecclesiale. "Morte al Dio Trascendente!", "Dio è morto", secondo una concezione di "Teologia Esistenzialista", equivalgono ad affermare "Annunciamo la nascita di un nuovo Dio, un Dio umano, un Dio veramente vicino a noi creature, spogliato da tutto il vecchiume paludoso dei dogmi religiosi, ferocemente anti-umani";non a caso, uno dei temi portanti della Teologia della Morte di Dio è proprio il Cristo crocefisso, la Kenosis, ovvero lo svuotamento della Divinità dai suoi attributi divini come onnipotenza,eternità ecc. Mirabili esempi di "Teologia Esistenzialista" sono Hans Küng, Luigi Pareyson e Sergio Quinzio, per esempio, che ponevano tutta la loro riflessione e la fede in Dio in rapporto soprattutto col dolore umano e l'esserci della nostra esistenza).
"Gli Esistenzialisti si scagliano contro il presupposto che tutto ciò che esiste sia anche necessariamente razionale, e che le idee abbiano una tale incidenza da guidare/condizionare lo svolgersi degli eventi e lo sviluppo della Storia. Ad esempio: perché si è realizzata la Rivoluzione francese? Perché le idee di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza erano talmente razionali che non potevano non imporsi nella storia dell'uomo, non potevano non realizzarsi. Dov'è dunque il problema? Il problema nasce nel momento in cui gli Esistenzialisti si accorgono che di fatto l'idea universale finisce per eliminare l'Individuale. Insomma, se le idee diventano più importanti delle persone, allora è facile giustificare guerre, bombe, omicidi."
Ne abbiamo un esempio tutti i giorni: il terrorismo. In nome di un'idea astratta, si compiono stragi ed eccidi.
Ma quei terroristi uccidono e si uccidono non per uccidere le persone in sé, in quanto loro, bensì per l'idea che ai loro occhi malati "gli infedeli incarnano". è l'idea, il concetto idealistico, che porta ad eccidi; si può citare qualsiasi altra dittatura: non si uccidono le persone in quanto persone, non le si uccide per puro sadismo, bensì le si uccide per un ideale astratto, che porta all'odio e alla violenza.
Quanti nazisti, che uccidevano ebrei nei lager, o li vedevano morire di fame, una volta tornati a casa abbracciavano i figli e magari accarezzavano un gattino?
Se tutto viene ridotto ad un'idea, o meglio, all'ideologia, diventa facile uccidere e massacrare, perché si perde di vista l'uomo, l'essere umano.
Non si torturavano donne, esseri umani, nel Medioevo, agli occhi degli inquisitori, bensì si torturavano "concubine del Demonio": era l'ideologia cristiana a muovere gli eccidi, era per essa che si torturava, perché si era perso di vista l'essere umano, il "tu sei come me, condividiamo la stessa condizione esistenziale".
"Quindi gli Esistenzialisti, di fronte alla convizione della superiorità dell'idea razionale, riconoscono dignità ontologica al singolo uomo; prima delle idee, in un'ottica esistenzialista, viene l'uomo, con i suoi bisogni, desideri e sofferenze."
Oltre all'Idealismo anche la psicologia ha la pretesa di ridurre tutto all'"idea" o meglio, alla diagnosi teorizzata a pagina X dello psicologo Y. Alla persona, si affibia un'etichetta (paranoico, schizofrenico e via dicendo), pretendendo che "tutti funzionino allo stesso modo" in nome - appunto - del trionfo della diagnosi.
Lungi dall'essere una celebrazione dell'Individualità Umana, la psicologia affossa tutto e tutti, riducendo l'intero (infinito ed indefinibile) fenomeno umano in qualche pagina di manuale. Peggio ancora! quelle derive orrende della psichiatria che riducono l'intero essere umano ad una mera questione di somministrazione di questo o quell'ormone, sostanza psicotropa, medicinale, come se fossimo tutti delle rane dissezionate sul tavolo di biologia.
Queste derive ultra-positivistiche e razionali, etichettando tutto come "malessere esistenziale sbagliato da raddrizzare", sono anti-umane e anti-artistiche (giacchè l'Arte nasce in gran parte dal dolore e dalla sofferenza, dai travagli interiori, si pensi a grandissimi pittori o poeti che hanno posto come fulcro della loro creazione artistica proprio il loro malessere; non mi risulta ci sia nessun poeta o pittore cognitivista che abbia dato vita ai capolavori che invece hanno creato Artisti come Munch, Van Gogh e via dicendo. Da notare, che in campo artistico, esiste una corrente chiamata "Art Brut", Arte Bruta e primordiale, diretta, spontanea, non accademica, e per questo, originale, in gran parte realizzata da persone etichettate come "schizofrenici".
L'appiattimento, la riduzione ultra-positivistica, tanto di moda ai giorni nostri, che combattono strenuamente contro "il malessere esistenziale", etichettando "tutti coloro che non sono nella massa" come "depressi, sociopatici ecc." sono quindi la morte dell'Anima, perché fanno abortire il talento umano di creare qualcosa a partire proprio dalla negatività e dal dolore.
Da una persona imbottita di sonniferi, non nasce proprio niente, e, magari non sapendolo, spreca davvero l'unica possibilità che ha di fare, agire, creare, di essere padrone - pur con tutti i limiti - della sua vita, perché la creazione artistica è un vero e proprio parto, doloroso, travagliato. Dare un senso (artistico, se non si ha fede in un dio) al dolore vuol dire proprio erigerlo a proprio stendardo, per poi cercare di trovare dei modi per incanalarlo/esorcizzarlo.
Per concludere questo piccolo omaggio ad Hegel, riporto un parere di Andrea Emo, tratto da "Supremazia e Maledizione":
"Hegel è il filosofo del nostro tempo o forse del tempo che ci ha preceduto; il filosofo del divenire, della Dialettica del divenire,della creazione e del superamento degli opposti; il Filosofo della mutazione perpetua e della perpetuità del divenire
- della Potenza del Negativo - ma accettando questa Filosofia come un presupposto ad essa stessa come una posizione che va superata, si ha un progresso e un regresso all'infinito."
E per par condicio, diamo voce anche a chi Hegel lo detestava a morte ovvero Arthur Schopenhauer!
"La conseguenza del fatto che con l'aiuto dei professori di filosofia, lo sfacciato scarabocchione di sciocchezze, Hegel ha potuto portare con disinvoltura al mercato i più mostruosi pensieri, e per questa via, è potuto passare per trent'anni in Germania per il più grande di tutti i filosofi, perché ciascuno pensa di poter disinvoltamente imbandire tutto quel che passa per la sua testa di passero."
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ALIENAZIONE HEGELIANA, L'IDEA E LA PAROLA
Mi cimento in un piccolo scritto di Filosofia e Teologia. Cercherò di trattare ancora il (difficile) discorso legato all'Idealismo, questa volta "rimodernizzandolo" relativamente a un'attività che è molto praticata oggigiorno: scrivere sui blog.
Fin dai primordi, la storia dell'umanità si è distinta per alcune scoperte epocali che ci hanno differenziato dagli animali: pensiamo alla scoperta del fuoco, al tracciare i primi graffiti sulle caverne e alla scrittura codificata in segni, suoni, sintassi, grammatica.
Perché si scrive?
Per esprimere se stessi; per vantarsi delle proprie fortune, per lasciare traccia di sé ai posteri...
Ma più nel profondo, si scrive in buona parte per sé, per chiarirsi le idee e per liberare le proprie pulsioni, le proprie paure, i propri drammi interiori, dar loro forma percepibile attraverso parole, abusando persino dei sinonimi, impegnati, spesso con ardore, a realizzare un'estetica della parola che raggiunge vette di pura poesia e di bellezza struggente (basta leggersi una pagina a caso di uno dei più bei libri dell'Amico Cioran, "Sommario di decomposizione", oppure soffermarci sulle più famose e celebri poesie, sentire la forza vibrante di versi, magari composti secoli fa!), reificarle, renderle oggettive, trasportarle al di fuori di sé, e tramite questo atto (la scrittura), separarsene; dal punto di vista filosofico, possiamo fare un parallelo con la figura dell’Alienazione Hegeliana: l’idea si deve alienare nella natura perché possa diventare spirito; l’idea esce da sé, si fa altro da sé, diventa oggetto di percezione, e in questo modo conosce sé stessa, prende coscienza di sé: senza uno "specchio" in cui veniamo rappresentati come oggetti, non possiamo avere consapevolezza della nostra stessa identità, non possiamo sapere chi siamo. Siamo un qualcuno al modo di essere che gli altri ci vedono.
Ancora una volta, possiamo collegarci al concetto di Sartre dello Sguardo dell'Altro:
"L'altro è vissuto come antagonista ("L'inferno sono gli altri"), in quanto relativizzando il mio punto di vista, limita la mia libertà: il Suo "Sguardo" mi oggettiva, mi reifica, murandomi nelle Sue Stesse Idee, nei Suoi Pensieri, nei quali io vengo solidificato, detenuto, dalle quali non posso evadere, sulle quali non ho potere. Tuttavia Lo Sguardo dell'Altro, oltre che perturbante, è la garanzia della mia esistenza, la testimonianza che non sono una nullità."
Scrive Sartre: "Che angoscia scoprire quello Sguardo come un centro universale dal quale non posso evadere; ma che riposo, anche! So infatti di essere. Trasformo quel penso dunque sono e dico mi si vede dunque sono, Colui che mi vede mi fa essere: sono come Egli mi vede."
E lo stesso procedimento noi lo mettiamo in atto nello scrivere.
L’idea si deve alienare nella natura perché possa diventare spirito; uscendo da sé, diventa oggetto di percezione attraverso gli sguardi (le letture) altrui, e in questo modo, si specchia nelle opinioni degli altri. Gli altri, il pubblico dei lettori, diventa quindi lo specchio che permette all'idea scritta di esistere, di essere percepita. L'idea è lo specchio dell'Autore, che nella sua idea, ne insuffla il proprio spirito, il proprio sé, fino a vederla come parte di sé (potremo persino prendere in prestito una metafora biblica, quella della costola: "essa è ossa delle mie ossa, e carne della mia carne", l'idea che io ho partorito, è ossa delle mie ossa, carne della carne, e guai a chiunque osi trascriverla modificandone persino una virgola!" è un'anatema che moltissimi scrittori noti e meno noti hanno più volte ribadito...anatema su quelli che oseranno profanare la mia idea!; così come negli stessi testi sacri spesso si legge "guai a coloro che falsificheranno la Parola Divina!"); gli altri diventano altrettanti specchi, che riflettendo l'idea, la rendono, in primis, esistente nelle coscienze altrui, e in secondo luogo, fertile e generatrice a sua volta, perché questa idea può generare altrettante idee, in una catena infinita di rimandi e citazioni.
La Lezione Hegeliana è fondamentale per comprendere non solo l’essenza della Filosofia, della Letteratura e del Sapere, ma anche dell’Arte; Filosofia ed Arte non sono attività superflue, elitarie, sono un percorso di autocoscienza, sono fondamentali per l’equilibrio interiore e la conoscenza della propria identità, per sapere chi siamo.
Conclusione? Mai farsi intimorire, mai lasciare i propri scritti filosofici nel cassetto perché "saranno delle sciocchezze... ho paura di scrivere stupidate... gli altri lo troveranno stupido...sono autodidatta..."
Scrivendo ciò che si sente, i propri pensieri profondi sull'esistenza, non solo si "fissano" i propri sentimenti, ma anche, si permette agli altri di prenderne ispirazione.
Scrivere ciò che si sente (per quanto, in certi ambienti, si verrà contestati, sminuiti e persino ignorati...), permette di dare un senso all'esistenza (che non ha alcun senso) e di far sì che la scrittura, da attività solipsistica, si tramuti in possibilità offerta agli altri, di ispirarsi. Eccolo il senso della scrittura,
la capacità immediata, di tracciare in forma concreta, attraverso segni e parole, concetti e idee astratte, sentimenti intimi, la nostra anima. Attraverso la parola scritta, manifesto la mia anima invisibile. Da notare come il concetto di "Parola" e di Parola Manifesta, sia anche tipica delle religioni.
Le Genesi vedono un Ente Creatore Parlante; cito per comodità solamente la tradizione ebraica/cristiana:
"Sia la Luce...", "Facciamo l'uomo..."
e ancora:
"In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio" (Giovanni 1:1)
Nel Sepher Yetzirah, il libro cardine della Mistica Ebraica, si legge: "Egli creò tutto il Suo universo, con tre libri: il segno, il numero e la parola. [...] Dieci Sephiroth senza cosa, la loro vista è come la visione di un lampo, e il loro scopo non ha fine. La Sua parola in esse corre e ritorna come un uragano. Al Suo comando si propagherà davanti al Suo Trono davanti al quale esse s’inchinano. [...] Dieci Sephiroth senza cosa. Uno lo Spirito, Dio Vivente, Benedetto, e benedetto il Suo nome di vita nei mondi. Il Suono, il Soffio e la Parola sono lo Spirito Santo [...] Scelse tre lettere dalle semplici nel segreto delle tre madri Alef, Mem, Shin e le fissò nel Suo nome Grande [...] Ventidue lettere fondamentali, le incise, scolpì, combinò, pesò e permutò. Formò con esse, dall’A alla Z, ogni creatura e dall’A alla Z, ogni futura pietra [...] Ventidue lettere fondamentali, le incise con la voce, scolpì con il Soffio, le fissò nella bocca in cinque posti. Aleph, Het, He, Ayin nella gola. (nota di Lunaria: Ayin, in Ebraico, è il suono più roco e gutturale in assoluto, forse il più difficile da pronunciare per noi, perché non esiste nella nostra lingua) Ghimel, Yod, Kaph, Qof nel palato. Dalet, Tet, Lamed, Nun, Tau nella lingua. Zain, Samek, Shin, Resh, Tsadè nei denti. Beth, Vau, Mem, Pè nelle labbra [...] E contando lontano si trovano in 231 porte e si trova che ogni Creatura e ogni Parola esce dal nome Uno [...] Egli formò realmente dal Caos e fece dalla A alla Z. Egli ripeté e scolpì colonne dall’aria che noi non afferriamo e questo è il segno, Aleph con tutte e tutte con Aleph. Combinò e permutò e fece dall’A alla Z ogni creatura e dall’A alla Z ogni parola dal nome Uno e segnò nella parola ventidue cose in corpo Uno."
Nel Corano si legge: "O Maria, Allah ti annuncia la lieta novella di una Parola da Lui proveniente" (Corano III. Âl-‘Imrân, 45)
In entrambi i versetti del Corano, Gesù è chiamato “una Parola di Allah”, cioè una parola da Allah proveniente o che appartiene ad Allah.
Ma soprattutto è in questo versetto che si comprende pienamente il significato della Parola Creatrice:
Ella [Maria] disse: “Come potrei avere un bambino se mai un uomo mi ha toccata?”. Disse: “È così che Allah crea ciò che vuole: quando decide una cosa dice solo: “Sìì”, ed essa è (Corano III. Âl-‘Imrân, 47).
Persino gli angeli e i demoni hanno un loro alfabeto! Si veda per esempio l'Alfabeto Enochiano, o certi sigilli del Voodoo/Umbanda (i simboli Vevé/Ponto Riscado) che servono ad evocare i Loa/Orixas
La Parola quindi, suono vocale, astratto, che si rende concreta e fissata (ovvero creatura) tramite la scrittura, il tracciare (vero e proprio atto magico) segni su un foglio, o persino (come accadeva ai primordi dell'umanità) il disegno stilizzato e primitivo sulle rocce delle caverne o sulla sabbia del deserto. Sempre in rimando alla Genesi, la prima attività di Adamo è quella di nominare gli animali, ovvero di avere potere, tramite la conoscenza, sul creato.
Sento malinconia e angoscia in me, strisciare come vermi invisibili nelle profondità del mio cuore spezzato e dolente, e li rendo concreti, abortendoli da me, tramite le parole scritte su un foglio, su una pagina di diario, di blog... creo poesie struggenti e lacrimose. Ho desiderio di amore e passione, e creo un romanzo rosa; immagino mondi magici e fatati, e creo un romanzo fantasy.
E questo è la possibilità sensoriale, percettiva, di conoscere, il che ci rimanda all’Alienazione Hegeliana.
Ma non solo scrittura, perché il percepire emotivo può trovare forma concreta e percepibile anche attraverso i colori di una tela o le note di una sinfonia. E quando questo accade, l'emozione, il sentimento, la nostra anima, trova compimento, assume un senso (tutte le interpretazioni che le altre persone daranno alla mia opera!) e per davvero l'Essere Umano diventa Dea e Dio Creatore: facciamo l'Opera D'Arte a Nostra Immagine e Somiglianza!